domenica 27 marzo 2016

Lila. Marylinne Robinson. Einaudi

Cosa funziona:
1.       L’intensità della scrittura e la bontà delle scelte espressive. Dicesi talento, una cosa di cui si sente sempre più il bisogno, e che in mezzo a tanta immondizia splende di purezza (9)
2.      La storia. Da tempo aspettavo qualcosa di simile. Era ora che Einaudi la piantasse di pubblicare Patrick Modiano – purtroppo lo fa ancora, come pubblica molti altri inqualificabili, ma per fortuna poi tira fuori dal cilindro la Robinson – e tornasse ai suoi vecchi standard. Ci sono la ricerca di un’identità e l’ossessione del passato, la diffidenza e la difficoltà di far emergere i sentimenti. Tensione lirica, un tocco di calvinismo, duro e dolce nel contempo. Con un occhio a Faulkner e uno a Dostoevskij (9)
3.      L’atmosfera e l’ambientazione del romanzo, ricostruite con cura e con una pertinenza, con una giustezza e una poetica folgoranti (9)
4.      Carattere di stampa, impaginazione, riferimenti: una raffinatezza degna del contenuto. Altro che alcune schifezze grafiche del nuovo corso: lunga vita alle collane storiche Einaudi  fatti i debiti scongiuri (9)
5.      L’ingenuo realismo e l’acutezza delle domande che si pone, strada facendo, la protagonista. Atto di consapevolezza semplice e profondo, in un territorio d’illusione disarmante (8)


Cosa non funziona:
1.       Qualche salto di “io narrante” e qualcuno temporale di troppo. Ci stanno, anzi, direi che ci vogliono, però in un lettore abituato a ben altre linearità, e diseducato dalla carta straccia attuale, possono causare un principio di straniamento. Achtung: non sto parlando di un difetto, una magagna concreta, è solo la più severa – e forse l’unica – nota che posso muovere ad un lavoro simile. E il voto è basso ma non negativo. Eccezione alla regola (6)

Poche volte la “malattia della solitudine” è stata detta così bene. Un libro sull’amore, un amore impossibile, e sul potere di redenzione della tenerezza. La media aritmetica dell’8,3 pare fino ingenerosa.