Gli
anni al contrario. Nadia Terranova. Einaudi.
Cosa
funziona:
1.
Impaginazione e design (8)
2.
Scrittura fredda, distaccata; priva di giudizi ma anche di slanci
emotivi. E in una trama che si snoda negli anni di piombo, dipinge con taglio
documentaristico i paradisi artificiali dai quali si è salvato chi ha accettato
il compromesso (6)
3.
Il carattere di stampa non è più il favoloso Simoncini LT degli anni
Sessanta, ma rimane lo stesso più che discreto, rilassante (8)
4.
Eccesso di frasi fatte nella recensione. Appena sufficiente (6)
5.
Liner notes, carta, risvolti: lo stile – libero – Einaudi resiste ancora
(8)
Cosa
non funziona:
1.
Il prezzo. Va bene l’inflazione, ma 16 euro per 144 pagine no, non ci
siamo (5)
2.
Scarsa coerenza e approfondimento degli eventi. Da dove spunta, tanto
per fare un esempio, la ribellione di Giovanni? Sembra un figlio di papà rapito
dal brivido della contestazione, per non parlare poi della mancanza assoluta di
pathos. La storia d’amore spunta come un fungo, per caso, e tanto lui quanto
Aurora attraversano ogni cosa quasi come automi (4)
3.
La bassa fedeltà storica. Prima di scrivere è bene fare serie ricerche,
specie se ci si occupa di un periodo non vissuto (5)
4.
Il taglio giornalistico del narrato pare una galleria di copertine
borghesi di Destra. È uno dei difetti di certa narrativa furbacchiona, che sforna
pregiudizi e convenzioni per cesellare miti su un’epoca di ideali esasperati (4)
5.
Domanda: è ancora necessario guardare indietro, negli anni al contrario,
per andare avanti? È il messaggio, trito e ordinario, che qui si lancia. Purtroppo, l’unico (4)
6.
I dialoghi, nella seconda parte del libro, sono alquanto immaturi. Di
cosa si è occupato, nel frattempo, l’editor? (5)
7.
Copertina dozzinale, insipida. Non si distingue da tante altre,
identiche (4)
Media
voto: 5,5 rivedibile al ribasso, qualora mi venisse il ticchio di rileggerlo.