Cattiverìa.
Rosario Palazzolo. Perdisa Pop.
Cosa
funziona:
1.
La storia. Tensione, spessore, con un finale mozzafiato (8)
2.
Il linguaggio dell’autore. Uno streaming da acrobata dell’immaginario,
un puzzle di alto lignaggio, ironico e salace, che costringe a un’attenzione
costante, ma di fronte al cui invito è impossibile resistere (8)
3.
Front cover definibile con un solo aggettivo: geniale (9)
4.
Lungo tutto l’arco del romanzo si percepisce come Palazzolo potrebbe
scrivere in modo dotto, difficile, però non lo fa: sceglie un monologo
interiore più accessibile, che insiste sul gioco grottesco delle illusioni e
spiega senza spiegarsi – cioè lasciando al lettore il ruolo di interprete – un
messaggio che è l’equivoco su cui si fonda il mondo degli uomini (8)
5.
Sette refusi, ma editing di buona qualità (8)
6.
Prezzo del volume. Sedici euro ben spesi (7)
7.
L’ambientazione del romanzo e l’ansia claustrofobica di sapere, di
capire, di vedere “come va a finire”, per citare una celebre canzone. Un
labirinto di specchi tra violenza e abitudine che nasconde la verità fino a
mostrare quant’è inverosimile l’essere. L’idea, insomma, è da 10.
Cosa
non funziona:
1.
Al lettore più distratto, i periodi interminabili e la lingua
sgrammaticata per scelta possono dare un senso di smarrimento, anche se solo
iniziale (5)
2.
Qualche postmodernismo di troppo, sebbene anche qui riconosca di essere
più ingenerosa che mai (5)
3.
Impianto di promozione della casa editrice non eccezionale. Belle moltissime delle recensioni – thrillerpages, kultural, liberidiscrivere,
poetarumsilva, contornidinoir – però si poteva e si doveva fare di più (4)
Meda
voto: 7,2. Ci vuole tanto, tanto cinismo per trovare dei difetti a questo prodotto,
che rappresenta al meglio il concetto delle antiche tragedie greche,
modernizzato.